INCONTRO CON L’ESPERTO – Shock cardiogeno: quando il fenotipo guida il trattamento
È la Dottoressa Scordato ad aprire la sessione, che ha proposto una dettagliata analisi della stenosi aortica severa nel contesto dello shock cardiogeno. Sebbene la stenosi aortica severa venga comunemente affrontata in ambito elettivo, è importante sottolineare come circa il 10-24% dei pazienti si presenti con un quadro di shock. Questa modalità di esordio è associata a una mortalità significativamente elevata, con tassi che raggiungono il 30%. In tale scenario, l’intervento terapeutico precoce non è solo raccomandato, ma imprescindibile. Un aspetto cruciale nella gestione di questi pazienti è rappresentato dalla scelta dell’agente inotropo. L’attuale orientamento clinico favorisce l’impiego della noradrenalina rispetto all’adrenalina, mentre il nitroprussiato di sodio può essere considerato, a basse dosi e con una titolazione graduale, nei pazienti normotesi con marcata congestione centrale. Anche il levosimendan, oggetto di studio in diversi contesti clinici, sembra offrire un potenziale beneficio in questo particolare setting, sebbene siano necessari ulteriori dati per definirne con precisione il ruolo. In questo contesto, il supporto meccanico e l’approccio invasivo emergono come pilastri fondamentali del trattamento. Lo IABP si conferma il dispositivo più utilizzato per la stabilizzazione iniziale, seguito dall’ECMO nei casi più gravi. L’utilizzo dell’Impella è ancora limitato, sebbene l’impiego di dispositivi a più piccolo frenchaggio possa ampliarne l’applicabilità futura. La TAVI rappresenta la strategia terapeutica definitiva più efficace, capace di modificare rapidamente l’emodinamica del paziente. Al contrario, la valvuloplastica percutanea, oggi impiegata quasi esclusivamente come bridge therapy nei centri in cui non vi è un rapido accesso alla TAVI, mostra una mortalità elevata (fino al 70% a un anno) e un rischio significativo di complicanze (IAO ed ictus su tutte). Uno studio tedesco recente ha confermato la superiorità della TAVI rispetto alla valvuloplastica in emergenza, con una riduzione della mortalità a 30 giorni, sottolineando l’importanza di un trattamento invasivo tempestivo e risolutivo.
La sessione prosegue con l’intervento del Dr. Polizzi, che propone un’approfondita e concreta analisi dello shock cardiogeno secondario a insufficienza mitralica acuta severa, analizzando diversi casi clinici. Particolare attenzione è stata posta alla dispnea di origine cardiogena, sintomo spesso correlato a elevate pressioni di riempimento ventricolare, parametro determinante nella scelta del percorso terapeutico e nella tempistica degli accertamenti diagnostici, come l’esecuzione dell’ecocardiografia transesofagea (ETE). Il Dottor Polizzi ha inoltre sottolineato l’importanza dell’ecografia polmonare al letto del paziente, che dovrebbe essere sempre prontamente disponibile nelle Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC). Questo strumento, rapido e non invasivo, si rivela essenziale per una valutazione iniziale tempestiva e per guidare decisioni cliniche rilevanti, come l’avvio della ventilazione non invasiva (NIV) nei pazienti con compromissione emodinamica.
La Dott.ssa Totaro ha proseguito la sessione con un’interessante relazione sulla sindrome di Takotsubo (TTS), evidenziando la complessità fisiopatologica di questa condizione, fortemente influenzata da fattori stressogeni acuti che determinano un marcato rilascio catecolaminergico. La tipica disfunzione apicale del ventricolo sinistro osservata nella TTS è attribuita alla distribuzione non uniforme dei recettori beta-adrenergici, maggiormente espressi a livello apicale. Secondo registri clinici recenti, lo shock cardiogeno si verifica nel 10% dei casi di Takotsubo, un dato che riflette la presenza di diverse alterazioni emodinamiche predisponenti: ostruzione al tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOTO), insufficienza mitralica acuta severa, disfunzione ventricolare sinistra e/o biventricolare e storm aritmico sono tra i fenotipi clinici maggiormente associati a instabilità emodinamica in questi pazienti. In assenza di trial clinici randomizzati, la gestione terapeutica della TTS si basa su studi osservazionali e sull’esperienza clinica, con l’obiettivo principale di fornire supporto emodinamico transitorio in attesa della naturale restituzione ad integrum della funzione miocardica. Il principale snodo decisionale è rappresentato dalla presenza o assenza di LVOTO, la cui identificazione mediante ecocardiografia è fondamentale per orientare il trattamento. In particolare, l’impiego di inotropi catecolaminergici può essere fortemente limitato, poiché possono peggiorare sia l’ostruzione dinamica sia l’iperstimolazione adrenergica. In alternativa, inotropi non catecolaminergici come levosimendan o milrinone possono essere considerati, sebbene quest’ultimo agisca comunque sul sistema cAMP, con potenziali effetti controversi. Sul fronte del supporto meccanico al circolo, l’IABP è controindicato in presenza di LVOTO, mentre l’Impella, pur supportata da evidenze ancora limitate, può rappresentare un’opzione efficace per il rapido unloading del ventricolo sinistro. Tuttavia, è necessaria cautela nei pazienti con ventricoli di piccole dimensioni, per evitare complicanze da effetti di suzione o ostruzione iatrogena.
A seguire, il Dr. Bianco ha presentato una brillante analisi dello storm aritmico in corso di shock cardiogeno, sottolineando l’importanza di un approccio multiparametrico e multifattoriale. La gestione efficace richiede l’identificazione del trigger aritmico, del substrato miocardico e dei fattori precipitanti. Un approccio sistematico step-by-step inizia con l’elettrocardiogramma (ECG), utile per documentare il tipo e la sede dell’aritmia e valutare cause scatenanti come l’ischemia miocardica. Nei pazienti con ICD, si raccomanda la riprogrammazione del dispositivo, con estensione della finestra ATP, aumento della frequenza di stimolazione e disattivazione temporanea delle terapie. I pazienti più vulnerabili in questo contesto sono quelli con pluricomorbidità, cardiomiopatie di lunga data e recidive aritmiche. L’ecocardiografia riveste un ruolo centrale nella stratificazione del rischio, permettendo la valutazione rapida della frazione di eiezione e dell’eventuale presenza di insufficienza aortica severa, che può limitare l’accesso a determinati supporti meccanici. La gestione farmacologica prevede l’uso di sedativi come dexmedetomidina o propofol, farmaci antiaritmici (amiodarone e lidocaina su tutti) e beta-bloccanti, con preferenza per quelli non selettivi. Una menzione speciale è stata riservata al blocco del ganglio stellato, procedura minimamente invasiva con profilo di sicurezza favorevole, ma attualmente utilizzata routinariamente solo in circa un terzo dei centri.
